martedì 23 giugno 2009

Un giorno di dicembre.Gianluca Sciortino


-->Racconta la fatica di "rivivere" nella sua autobiografia "Un giorno di dicembre". Attraverso le parole mostra il difficile cammino compiuto per risalire verso la luce. Un racconto pervaso però dalla gioia e dal desiderio di farcela, da quella voglia inesauribile di vita che annulla, lentamente, la stessa fatica e si fa slancio vitale.
Una storia intensa e commovente quella di Gianluca che, oggi, ha venticinque anni, ama cantare, ha appena prodotto un disco e adora la vita. Allora aveva dieci e, per quarantuno lunghi giorni, è rimasto sospeso tra il cielo e la terra, vegliato da una mamma onnipresente che lo ha tenuto legato alla vita mentre le canzoni di Antonello Venditti hanno ritmato il suo flebile ritmo vitale. E la vita poi ritorna, finalmente. Con fatica.

domenica 21 giugno 2009

Lo sguardo diverso di un uomo libero!


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E’ vero, gli uomini liberi, hanno uno sguardo diverso, parlano in modo diverso, guardano il potere in modo diverso. Ma com’è difficile essere liberi, avere il coraggio di dire ciò che si pensa, non farsi invischiare nelle “verminose spine del potere”, resistere alle sue torbide e fatue malie. Io uomini liberi ne ho conosciuti pochi. E nessuno di questi ha avuto la vita facile, perché niente ha un prezzo più alto della libertà. Un prezzo che si paga ogni giorno. Soprattutto a chi vorrebbe confiscarcela.

Soccombere o Vincere?

Se soccombi, avrai l’onore delle armi. Se vinci, a buon titolo riscuoterai i meritati allori. Io, ogni volta che il fato mi ha lanciato un guanto ostile, l’ho sempre raccolto con determinazione e con coraggio e sono partito all’attacco perché nulla più ci debilita e ci disarma della titubanza, del rinvio, in attesa di tempi migliori, che potrebbero venire ma potrebbero anche non venire. O venire troppo tardi, quando il riscatto sarebbe più gravoso e il suo prezzo più alto. Quante volte mi è capitato di trovarmi con le spalle al muro senza sapere perché, condannato a quella posizione da ciarlatani o farabutti che con l’inganno, la menzogna, la bassa insinuazione, la calunnia volevano screditarmi, distruggermi per prendere il mio posto, indossare i miei panni dopo avermi messo al bando e alla gogna. Ci hanno provato, illudendosi che mi sarei piegato, avrei gettato la spugna e deposto le armi, che mi sarei consegnato a loro, pronto a recitare il mea culpa. Gli è andata male. Non sapevano che io sono un combattente che si arrende solo quando è circondato e non ha più vie di scampo, quando l’alternativa a una dignitosa resa è una fine scontata e senza risurrezione. Le lotte mi hanno sempre reso migliore e più forte, ma mi hanno anche insegnato che dobbiamo contare solo, o soprattutto, su noi stessi. Gli altri, chi mi vuol bene (e pochi mi vogliono veramente bene) possono darmi una mano, ma solo una mano. La vittoria, alla fine, dipende esclusivamente da me. Perché i momenti più veri sono anche i più terribili? Perché niente mi viene dato per niente. Ed è giusto che sia così. Se non fossi caduto tante volte così in basso non sarei salito così in alto. E lo dico senza modestia perché non sono modesto. Mi conosco troppo bene per sopravvalutarmi, ma anche troppo bene per sottostimarmi. (Roberto Gervaso)