Socrate rivolto a Liside: "Vi sono cose per le quali abbiamo sufficienti cognizioni; e queste, greci, stranieri, uomini, donne, tutti sono pronti ad affidarle alla nostra esperienza. In questi limiti potremo far quello che più ci piace; e nessuno, per quanto dipende da lui, ci metterà mai ostacolo, bensì saremo liberi e disporremo noi delle altrui volontà. Inoltre, queste cose saranno di appartenenza nostra, e godremo del loro frutto. Vi sono invece cose per le quali la nostra mente non è fornita di cognizioni sufficienti. E per queste nessuno ci vorrà concedere di svolgere opera di libera iniziativa. Anzi, per quello che possono, tutti saranno pronti a interporre ostaolo. E non solo gli estranei, ma anche il babbo, la mamma, e se vi fossero persone ancor più legate da vincoli d'affinità. In questo caso saremo subordinati ad altri; le cose non appartengono a noi e non ne potremo ricavare nessun frutto". (tratto dai "Dialoghi dell'Amore" - "Liside o dell'Amicizia" di Platone)
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