Opera di Carlo Bertocci.
Sul cavalcavia della stazione Tiburtina, due ragazzi spingevano un carretto con sopra delle poltrone. Era mattina, e sul ponte i vecchi autobus, quello per Monte Sacro, quello per Tiburtino III, quello per Settecamini, e il 409 che voltava subito sotto il ponte, giù per Casal Bertone e l'Acqua Bulicante, verso Porta Furba, cambiavano marcia raschiando in mezzo alla folla, tra i tricicli e i carretti degli stracciaroli, le biciclette dei pischelli e i birrroccioni dei rossi burini che se tornavano calmi calmi dai mercati verso gli orti della periferia. Anche i marciapiedi scrostrati ai lati del ponte, erano tutti pieni di gente: colonne di operai, di sfaccendati, di madri di famiglia scese dal tram al Portonaccio, proprio sotto i muraglioni del Verano e che trascinavano le borse piene di carciofoli e cotiche, verso le casupole della via Tiburtina, o verso qualche grattacielo, costruito da poco, tra i rottami in mezzo ai cantieri, ai depositi di ferrivecchi e di legname, alle grosse fabbriche di Fiorentini, o della Romana Compensati. Proprio in cima al ponte, tra la marea di macchine e di pedoni, i due ragazzi che trascinavano il carretto a strappi, senza badare agli zompi che faceva sulle buche del selciato, e andandosene più adagio che potevano, si fermarono, e si misero a sedere sui bordi del carretto. Uno tirò fuori dal fondo d'una saccoccia una cicca e se l'accese. L'altro appoggiato al bracciale di una poltrona, a striscioni rossi e bianchi, aspettò il suo turno per tirare una boccata, e per il caldo si tolse di sotto i calzoni la maglietta nera. Ma l'altro continuava a fumare senza badargli. "Aoh", fece allora, "me 'a voi dà sta cica?" "Tiè, basta che te stai zitto", disse l'altro passandogliela. (tratto dal libro di Pier Paolo Pasolini, "Ragazzi di vita")
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