Mi rivelò, senza
preoccuparsi di eventuali contraccolpi, che lui era colui che mi aveva
generato. Volle raccontarmi la sua versione della
“storia d’amore” avuta con mia madre e non della “violenza e dell’abuso” che
aveva perpetrato. Il suo racconto nebuloso e il suo pietismo misericordioso,
non fece altro che aumentare il rancore che serbavo silenziosamente da anni. E
aumentò anche la rabbia ripensando agli anni d’inferno vissuti, relegato nella
diversità più assoluta, nella vergogna immane ed essere considerato da tutti,
"figlio di padre ignoto", “figlio di puttana”, “bastardo”. Un grosso choc straziante ed
umiliante, una vera vita d’inferno. Appena terminò il suo soliloquio, gli
rinfacciai che non è stato giusto vivere una adolescenza con troppi momenti
difficili, come l’ho vissuta io, senza avere qualcuno accanto che potesse
capirmi ed aiutarmi.
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