domenica 30 novembre 2008

Marco Pantani, Il “Pirata solitario”


(Cesena, 13 gennaio 1970 – Rimini, 14 febbraio 2004) è stato uno dei più grandi scalatori di tutti i tempi. E’, a tutt'oggi, l'ultimo italiano ad avere vinto il Tour de France, nel 1998 (33 anni dopo Felice Gimondi) e l'ultimo ciclista, in assoluto, insieme a Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain ad avere vinto, nello stesso anno, il Giro e il Tour.
La sua esplosione come ciclista professionista avvenne al Giro del 1994 con le vittorie di tappa di Merano e Aprica (con il durissimo Mortirolo) e con il secondo posto in classifica generale. Al suo debutto nel Tour del 1994 finì terzo in classifica generale dietro a Miguel Indurain e Piotr Ugrumov, vincendo la maglia bianca come miglior giovane, pur senza riportare alcun successo di tappa.
L'anno successivo, arrivarono i primi successi di tappa al Tour, nella leggendaria Alpe d'Huez e nella tappa pirenaica di Guzet Neige. Nel Campionato mondiale disputatosi in Colombia quell'anno, si classificò terzo dietro Abraham Olano e Miguel Indurain. Proprio quando sembrava agli inizi di una grande carriera, venne investito da un'automobile durante la Milano-Torino, incidente che gli provocò la frattura in due punti di una gamba e il rischio di una prematura interruzione dell'attività agonistica.
Ritornò a correre nel 1997, ma al Giro d'Italia subì un nuovo incidente, nella discesa dal passo del Chiunzi, a causa di un gatto che attraversò la strada al passaggio del gruppo, e fu costretto al ritiro. Questa volta recuperò velocemente e ritornò in sella al Tour dello stesso anno, dove lottò a lungo per la maglia gialla, riportando altri due successi parziali ancora all'Alpe d'Huez, staccando Ullrich e Virenque, e a Morzine.
Il Giro e il Tour nel 1998 Nel 1998 Marco Pantani si impose al Giro d'Italia. Rivaleggiando con gli specialisti della lotta contro il tempo, come Alex Zülle, attaccò ripetutamente sulle montagne e fu in grado di guadagnarsi un margine abbastanza grande da compensare la sua debolezza a cronometro, raggiungendo la vittoria finale e numerosi successi di tappa.
Nel Tour dello stesso anno, Pantani battè finalmente Ullrich, staccandolo di quasi nove minuti nella tappa di montagna conclusa a Les-Deux-Alpes. Alla partenza Pantani aveva quasi 5 minuti da recuperare a Jan Ullrich: attaccò dunque sul Galibièr a quasi 70 kilometri dal traguardo e giunse all'arrivo in solitaria; dopo quella tappa il distacco non venne più colmato e Pantani divenne il primo italiano a vincere il Tour dopo Felice Gimondi nel 1965.
Le cose cambiarono per Pantani al Giro del 1999: la mattina del 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio, quando era al comando con parecchi minuti di vantaggio sul secondo in classifica e con ben quattro tappe già vinte, vennero resi pubblici i risultati dei controlli del giorno precedente, dai quali risultava nel sangue di Pantani un livello di globuli rossi superiore al consentito. Il valore di ematocrito riscontrato a Pantani fu infatti del 52%, contro il 50% massimo valore consentito dai regolamenti, oltre al margine di tolleranza dell'1%. Pantani venne sospeso per 15 giorni, il che comportava l'esclusione dalla corsa rosa.


Comunque Pantani non risultò mai positivo a un controllo antidoping. L'unica associazione del Pirata con le pratiche di doping è relativa alle dichiarazioni di Jesus Manzano, reo confesso, che cita Pantani in un contesto in cui si accusano vari ciclisti di alto livello degli anni novanta, organizzatori, tecnici e sponsor. Vengono alimentati in seguito dei dubbi su un eventuale "complotto" ai danni di Pantani.
Celebre la lettera di Renato Vallanzasca alla madre del ciclista, Tonina, dell'8 novembre 2007. In breve Vallanzasca sostiene che un suo amico, habitué delle scommesse clandestine, lo abbia avvicinato cinque giorni prima del "fatto" di Madonna di Campiglio consigliandogli di scommettere sulla sconfitta di Pantani per la classifica finale, e assicurandogli che «il giro non lo vincerà sicuramente lui».
Pantani non partecipa di sua volontà al Tour del '99 fino a che non si fa luce su Madonna di Campiglio. In quel periodo la bicicletta non fa più parte della sua vita. Braccato dai media ed in preda ad una forte depressione, Marco resta chiuso in casa. Esce poco e non per andare in bici. Le poche volte che, con un guizzo d'orgoglio, torna in sella deve fare i conti con gli insulti dei passanti che lo etichettano come un dopato, il dopato d'italia. L'inizio del 2000 è un anno difficile, Marco fatica ad ingranare e la preparazione per il Giro si fa sempre più frammentata fino a diventare inesistente. Il problema della cocaina è superato in vista del Giro ma la preparazione fisica non è adatta ad una corsa così dura. Oramai nella Mercatone Uno si pensa ad un Giro senza Marco, con Garzelli capitano.
A sorpresa Marco partecipa al Giro all'ultimo istante. La sua prova è incolore causa la forma non ottimale. E' spento e nelle salite non brilla. Risorge invece sull'Izoard dove fa da gregario al capitano Garzelli, poi vincitore della classifica generale, e va ad agguantare un secondo posto di tappa che fa ben sperare.
Nonostante un anno d'inattività, Pantani partecipò al Tour de France del 2000. Anche se fuori dalla lotta per gran parte della corsa, si mise in luce confrontandosi con Lance Armstrong sulla salita del Mont Ventoux. In quella dura tappa Pantani perse inizialmente terreno per poi recuperare e staccare tutti gli altri e addirittura il vincitore dell'anno prima, Lance Armstrong. Lo statunitense poi lo andò a riprendere, e i due arrivarono appaiati al traguardo, dove Pantani vinse. Successivamente, Armstrong, durante un'intervista dichiarò apertamente d'aver lasciato la vittoria al Pirata. Qualche giorno dopo Pantani decise di attaccare di nuovo, nella tappa di Courchevel: recuperò i fuggitivi (l'ultimo ad arrendersi fu José Maria Jiménez) e andò a vincere in solitaria, staccando lo stesso Armstrong di ben 50 secondi.
Nonostante l'episodio della squalifica a causa dei valori troppo alti dell'emato-crito, Pantani rimase popolare tra i suoi ammiratori, che non smisero mai di osannarlo e che preferivano pensare al grande scalatore del passato, ai suoi attacchi esplosivi sulle montagne che rendevano eccitante la corsa.
Il 21 giugno 2003 Pantani entrò in una clinica del Nord Italia specializzata nella cura della depressione e della dipendenza da alcol, uscendone ai primi di luglio per continuare le cure con i medici personali. Nel 2003 iniziarono anche a girare le voci di una possibile tossicodipendenza favorita dalla grave depressione.
Il 14 febbraio 2004, Marco Pantani fu trovato morto nella stanza D5 del residence "Le Rose" di Rimini. L'autopsia rivelò che la morte era stata causata da un arresto cardiaco, conseguente a un'overdose di cocaina. L'autopsia sul corpo del campione dopo la tragica morte ha escluso qualsiasi assunzione di sostanze dopanti al di fuori della cocaina stessa, assunta comunque in un periodo in cui non gareggiava (considerata sostanza dopante che può incrementare la resa atletica poco dopo l'assunzione, ma molto limitante per atleti in periodi di astinenza).
La morte di Pantani lasciò sgomenti tutti gli appassionati delle due ruote, per la perdita di un grande corridore;uno degli sportivi italiani più popolari, protagonista nel bene e nel male di tante imprese.
Per ricordare le sue doti di scalatore, dal 2004 il Giro d'Italia assegna ogni anno ad una salita (la più "rappresentativa") il titolo "Montagna Pantani", onore concesso fino allora solo al Campionissimo Fausto Coppi, con la "Cima Coppi" (il passo più alto percorso dal Giro). Nel 2004 la salita è stata il Mortirolo, nel 2005 il Passo delle Erbe, nel 2006 di nuovo il Mortirolo, nel 2007 la salita che giunge al Santuario di Oropa, dove Pantani vinse al Giro del 1999. Nel 2008 ancora una volta il Mortirolo, nella tappa del 31 maggio.
Palmarès
1994 (3 vittorie) - classifica giovani al Tour de France
2 vittorie al Giro d'Italia (Merano e Aprica) - 2° al Giro d’Italia.
• 1995 (4 vittorie)-1 tappa al Giro della Svizzera -classifica giovani al Tour de France 2 vittorie al Tour de France (Alpe d’Huez-12.7.1995 e Guzet Neige Pirenei-16.7.1995) - 3° al Campionato del Mondo in Colombia.
• 1997 (7 vittorie)-Eliminazione Circuito di Bologna-Classifica finale Circuito di Bologna-Rominger Classic - Criterium di Pijnacker - Due ruote per Carpi 2 vittorie al Tour de France (Alpe d’Huez-17.7.1997 e Morzine-19.7.1997)
• 1998 (20 vittorie) - 1 tappa alla Vuelta a Murcia - Classifica Gran Premio della Montagna alla Vuelta a Murcia - Criterium di Bologna - Classifica finale Attraverso Losanna - 1a e 2a prova Attraverso Losanna - Ole Ritter Classic - Criterium di Surhuisterveen - Criterium di Chateaulin - Criterium di L'Aquila - Criterium Luxemburgo Rominger Classic - Classifica finale Criterium Comunidad de Valencia
Classifica finale Giro d'Italia
Classifica del Gran Premio della Montagna al Giro d'Italia
2 vittorie al Giro d'Italia (Piancavallo PN e Plan di Montecampione)
Premio Azzurra d'Italia
Classifica finale Tour de France
2 vittorie al Tour de France (Plateau-de-Beille-22.7.1998 e Les Deux Alpes-27.7.1998)
• 1999 (8 vittorie) - Classifica finale Vuelta a Murcia - 1 vittoria di tappa Vuelta a Murcia Classifica Gran Premio della Montagna alla Vuelta a Murcia - 1 tappa alla Settimana Catalana - Classifica finale Coppa Italia a Squadre
4 vittorie al Giro d'Italia (Campo Imperatore Gran Sasso d’Italia – Oropa – Alpe di Pampeago – Madonna di Campiglio)
• 2000 (4 vittorie) - Criterium di Stiphout - Criterium Acht van Chaam
2 vittorie al Tour de France (Mont Ventoux-13.7.2000 e Courchevel 16.7.2000)

sabato 29 novembre 2008

Antonio de Curtis, Principe Imperiale di Bisanzio".


Totò nome d'arte di Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis Di Bisanzio Gagliardi, più noto come Antonio De Curtis (Napoli15.2.1898-Roma15.04.1967) è stato un attore, compositore e poeta italiano. E’ considerato uno dei più grandi interpreti nella storia del teatro e del cinema italiano.
Nato, nel rione Sanità, in via Santa Maria Antesaecula, al 2° piano del civico 109, come Antonio Vincenzo Stefano Clemente ed adottato nel 1933 dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas (il padre naturale, il marchese Giuseppe De Curtis, lo riconobbe legalmente soltanto nel 1937) nel 1945 il tribunale di Napoli gli permise di aggiungere vari cognomi e predicati nobiliari, riconoscendogli «il diritto di potersi attribuire il nome della casata ed i titoli». Sicché Totò divenne Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis Di Bisanzio Gagliardi, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e Illiria, principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponto, di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e d'Epiro, conte e duca di Drivasto e di Durazzo.
Totò spaziò in tutti i generi teatrali, con oltre 50 titoli, dal variété all'avanspettacolo di tipo burlesque, alla "grande rivista" di Michele Galdieri, passando per il cinema, con 97 film interpretati dal 1937 al 1967, visti da oltre 270 milioni di spettatori, un record nella storia del cinema italiano, e la televisione con una serie di 9 telefilm diretti da Daniele D'Anza.
Grande maschera nel solco della tradizione della Commedia dell'Arte, accostato di volta in volta a comici come Buster Keaton o Charlie Chaplin, conservò fino alla fine una sua unicità interpretativa che risaltava sia in copioni puramente brillanti (diretto, tra gli altri, da Mario Mattoli, Camillo Mastrocinque o Sergio Corbucci), sia in parti drammatiche, interpretate alla fine della carriera, con maestri del calibro di Alberto Lattuada o Pier Paolo Pasolini. A distanza di decenni i suoi film riscuotono ancora grande successo, e molte delle sue memorabili battute e gag-tormentoni sono spesso diventate anche perifrasi entrate nel linguaggio comune.
Venne notato da Giuseppe Jovinelli, titolare del teatro omonimo, dove iniziò ad esibirsi in imitazioni e balletti musicali comici che ottennero un grande successo di pubblico. Approdò quindi alla Sala Umberto, frequentata dalla migliore società della capitale: il successo crebbe ancora. Il suo costume di scena in questo periodo era già quello a cui restò fedele sino alla fine: un logoro cappello a bombetta, un tight troppo largo, una camicia col colletto basso, una stringa come "farfallino", pantaloni "a zompafosso" e un paio di calze colorate su scarpe basse e logore.
Nel tempo libero Totò componeva canzoni (la più celebre è Malafemmena, composta nel 1951 e dedicata alla moglie Diana Bandini, e poesie (tra cui la famosa 'A Livella, sulla morte che annulla le differenze sociali delle persone).
Dava prova della sua generosità aiutando i più bisognosi, e inoltre curando e assistendo, in un canile fuori Roma fatto costruire da lui stesso, ben 220 cani randagi.
Totò morì nella sua casa dei Parioli alle 3:30 del mattino del 15 aprile 1967 all'età di 69 anni, stroncato da una serie improvvisa di tre infarti. Le sue ultime parole furono, secondo Franca Faldini: "T'aggio voluto bene Franca, proprio assaje", La sua salma fu vegliata per due giorni da tutte le personalità della politica e dello spettacolo giunte a commemorarlo e a rimpiangerlo. Il 17 aprile 1967 il feretro partì tra ali di folla per Napoli, sua città natale, dove si svolsero i funerali solenni di fronte a una folla traboccante, valutata in circa 200.000 persone, che lo accolsero fin dall'arrivo dell'auto al casello autostradale, poi il suono delle campane salutò per l'ultima volta Totò. Fu sepolto a Napoli nella tomba di famiglia del Cimitero di Santa Maria del Pianto accanto ai genitori e all'amata Liliana Castagnola.
Totò, fino alla sua morte fu spesso sottovalutato, ignorato, se non osteggiato dalla critica.
Tuttavia circa cinque anni dopo la sua morte prese il via un imprevisto e fulmineo revival, iniziato nel 1971 con proiezioni in sordina nei cinema di periferia (ma a Roma nel centralissimo Farnese di Campo dei Fiori, che gli dedicò un mese intero di proiezioni e Quirinetta nei pressi di Fontana di Trevi, gremite di giovani, seduti anche in terra fra le file delle poltrone) di film come Totò a colori, Miseria e nobiltà, Guardie e Ladri, Il Comandante, Siamo uomini o caporali, Gli onorevoli, Arrangiatevi, Signori si nasce. Ma è grazie alla televisione privata che Totò ottenne il meritato rilancio. Due registi dell'emittente privata napoletana Canale 21, nel 1976, recuperarono in archivio i film di Totò per mandarli in onda il giovedì sera, fino a passaggi televisivi sempre più massicci.
Totò è stato l'unico attore italiano ad aver conquistato la quinta generazione di pubblico.
“Di notte, quando sono a letto, nel buio della mia camera, sento due occhi che mi fissano, mi scrutano, mi interrogano. Sono gli occhi della mia coscienza.” (Totò)

martedì 25 novembre 2008

Non mi abbasso!

MILANO, 24 novembre - «Non mi abbasso a rispondere a simili astruserie». Il presidente dell'Aia Cesare Gussoni è duro con Kaladze. In un'intervista in diretta a Sky Sport24 ha risposto così al giocatore del Milan che aveva accusato l'arbitro Farina di essere "scarso" e di aver "rubato" la partita ai rossoneri.
LE POLEMICHE - Gussoni ha poi detto la sua sulle polemiche che stanno piovendo sugli arbitri: «La soluzione è accettare indifferentemente l'errore dell'arbitro così come si accetta l'errore del calciatore. Non vedo perchè se l'assistente sbaglia un fuorigioco viene criticato, mentre il giocatore che sbaglia un rigore non viene neanche menzionato. I calciatori e i tecnici, che comunque stanno migliorando, dovrebbero limitarsi a considerare i propri errori».

Riflessioni del Chirurgo.
Caro Gussoni, è esagerata la strenua difesa dei tuoi “supereroi” arbitri e non hai ancora capito, che così facendo, non fai altro che aumentare la loro autostima, che è già altissima. Di certo non fai il loro bene. E’ necessario che tutti gli addetti ai lavori scendano, con molta umiltà, dal gradino e facciano un bell’esame di coscienza. Ricordati che gli arbitri, quando svolgono la loro funzione sul campo, devono solo “arbitrare” lasciando, da parte, i loro rancori, gli atteggiamenti da superuomini, le pretese assurde quando entrano nel proprio spogliatoio, magari arrabbiandosi, quando non trovano la merendina, il succo di frutta e l’accappatoio. E devono mettersi in testa, soprattutto prima di iniziare una gara, che tutti gli attori vengono da una settimana di sacrifici, e non accetteranno mai che la “terna” o la “quaterna” assuma degli atteggiamenti in base alla classifica delle squadre contendenti. Il loro compito è “arbitrare” e non imporre la propria legge, e, vedrai, che quando questi atteggiamenti cambieranno, saranno gli stessi giocatori ed i loro dirigenti ad essere contenti e, di sicuro più collaborativi. Tralasciamo l’errore dal dischetto, non credo che puoi paragonarti ad un giocatore. Mentre i tuoi arbitri non vengono mai puniti, il giocatore che sbaglia il rigore o una rete subirà, di sicuro, l’ira del suo allenatore, dei dirigenti, del proprio presidente e, soprattutto, dei suoi tifosi. E non è poco.

sabato 22 novembre 2008

Esiste l'amicizia?

Quanti dicono di chi conoscono appena: “ E’ un mio amico”, “Siamo amici”? Con che facilità, con che leggerezza definiamo amici i conoscenti o i complici. E questo per pigrizia, per abitudine o perché, in quel momento, ci fa comodo. Ma l’amicizia è rara, rarissima. A differenza dell’amore, egoismo a due, l’amicizia esige lealtà, generosità, stima. Un galantuomo può amare una megera e una donna onesta può impazzire per un criminale. Ma né questa né quello potranno essere amici di una sgualdrina, di una donna che si concede o si nega per calcolo, o di un serial killer. A tutti, o quasi, è capitato di innamorarsi, ma quanti hanno davvero provato il “sentimento dell’amicizia”, ne hanno goduto i piaceri e assaporato gli aromi? Niente è più raro dell’amicizia perché a farla nascere e a corroborarla è la “disponibilità al dialogo”, al “libero scambio di idee e di consigli”, al “conforto reciproco nei momenti difficili”, al “sacrificio quando si ha bisogno”, alla “serena condivisione delle sofferenze e delle gioie”. Chi ti ama oggi, domani potrebbe odiarti, ma chi ti è veramente “amico”, nella buona e nella cattiva fortuna ti sarà sempre vicino. L’amico preferisce “dare” che ricevere e, quando dà, non chiede nulla in cambio. Accetta i difetti dell’altro, che accetta i suoi, e con diligenza, prudenza, pazienza, non te li rinfaccia ma te li fa notare. E senza superbia ed enfasi cerca, non dico di trasformarli in virtù, ma di lenirne la malignità e di rintuzzarne la perniciosità. L’amico ti ammette nella sua cerchia intima ed esclusiva per quello che sei, e lo stesso fai tu con lui. Non ti chiede quello che giudichi inopportuno e sconveniente dirgli, ma è sempre disposto ad aprirti il suo cuore, se questo può giovarti e soccorrerti. Non farà mai sue le parole di Dostoevskij “l’uomo ama vedere il suo migliore amico umiliato davanti a lui”. Per la maggior parte degli uomini, l’amicizia è fondata sull’umiliazione. E’ un concetto disperato, intriso di cinico pessimismo. Questo può valere per le false amicizie, le amicizie simulate, quelle senza autentiche affinità e prive di valore. Io, amici, nella vita, ne ho avuti pochi e me ne è rimasto uno solo. Gli altri se li sono portati via il tempo e la “Parca Atropo”. Ma li ricordo e li rimpiango più di quelle poche donne che ho amato. La loro memoria mi riempie lo spirito di nostalgia e il cuore di commozione. (Roberto Gervaso)

P.S. E tu, caro amico mio, ricordati che non ti perderò perchè sei l'unico che riesce a leggermi i pensieri. Ciao.

"Abbiamo disperso un patrimonio"


-->Intervista al grande P.P.Mennea sullo stato dell'atletica italiana.
Quattro giorni di gara e per l'Italia dell'atletica solo brutte notizie.
Mennea, l'atletica si avvia verso un flop?
"E' ancora presto per dirlo ma la strada è quella"
Anche Howe fuori.
"Una grande delusione. Puntavo molto su quel ragazzo. Un vero talento, potrebbe garantirci 10 anni di grandi risultati"
Potrebbe?
"Sì, perché il talento va gestito, qualcosa non ha funzionato. Nell'anno olimpico non si fanno esperimenti. Quella gara dei 200 metri dove si è fatto male che c'entrava? Howe non sarà mai un grande velocista. Oggi se non corri i 100 in 9"80 e i 200 sotto i 20'' non sei nessuno. Lui nel lungo con 8.40 una medaglia la prendeva di sicuro".
La velocità: i giamaicani dominano e noi siamo scomparsi
"Sono decenni che non disputiamo una finale olimpica nei 100 o 200. Non è un problema solo di Pechino, ma nessuno dice nulla, va tutto bene".
Manca un Mennea?
"No, manca un sistema di lavoro, una metodologia. Abbiamo disperso un patrimonio tecnico che il mondo ci invidiava. Ho visto un filmato sugli allenamenti di Bolt: correva trainando un grosso peso. Io e Vittori lo facevamo 30 anni fa".
Ora lei fa l'avvocato e Vittori conferenze...
"E Tozzi lavora in banca, Caravani e Guerini sono pensionati, Tilli commenta in tv: un patrimonio di conoscenza tecnica dispersa e nessuno ha mai fatto nulla per conservarlo".
Colpa di Coni e Federazione?
"Colpa del sistema, non c'è programmazione, visione. In Germania dopo il tonfo di Seul sono ripartiti da zero, cominciando dalle scuole e dai tecnici della ex Ddr ma senza doping, naturalmente. A Londra nel 2012 nel medagliere torneranno tra le grandi"
Ma noi non abbiamo soldi...
"Falso. Siamo la nazione che al mondo, dico al mondo, destina più soldi allo sport. 450 milioni l'anno dal Governo, più i contributi che arrivano da Regioni, Province e Comuni. Un fiume di denaro. Il problema è come si spendono".
Allora non è vero che non vinciamo perché siamo poveri come dice il Coni
"Non vinciamo più perché non siamo organizzati. E ci salva il talento delle Vezzali, della Pellegrini e di qualche altro. E ringraziamo i gruppi militari e il Cus. Le medaglie arrivano da li"
Altri soldi...
"Appunto, basta parlare di soldi, Le medaglie si vincono con il lavoro". (18 agosto 2008)
P.S. Sento il dovere di ringraziare questo grandissimo campione per tutte le emozioni che mi ha fatto vivere e, soprattutto oggi, per questa lezione di vita, scaturita da questa breve intervista, senza fronzoli e senza velature, perchè ci indica la via più semplice per ottenere i veri risultati. Grazie.

Posizioni terrestri

Ciampino (Roma) Lat. 41.80° Long. 12.61° Alt. 124 m. slm;
Castel Gandolfo (RM) Lat. 41.74° Long. 12.65° Alt. 426 m. slm;