lunedì 31 agosto 2015
Il passo molto lento della giovinezza...
Il tempo, nella giovinezza, ha un passo molto più lento: perciò il primo quarto della nostra vita non solo è il più felice, ma anche il più lungo, quello che lascia il maggior numero di ricordi, tanto che ognuno, all'occasione, saprebbe raccontare più cose di quel solo periodo che non di due dei periodi successivi. Come nella primavera dell'anno, così anche in quella della vita le giornate cominciano ad avere una lunghezza persino gravosa. Invece nell'autunno, dell'anno come nella vita, le giornate sono più brevi, ma il tempo è più stabilmente sereno. (Capitolo VI - "Della differenza tra le età della vita" di Arthur Schopenhauer)
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venerdì 28 agosto 2015
Evitare di manifestare grande esultanza o grande dolore.
Nessun avvenimento dovrebbe indurci a manifestare grande esultanza o grande dolore, sia per la mutevolezza di tutte le cose che potrebbero da un momento all'altro modificarlo, sia per la fallacia del nostro giudizio riguardo a quanto può esserci di vantaggio o di danno: pressochè a ognuno è capitato di lamentarsi per qualcosa che in seguito si è rivelato quanto di meglio era possibile per lui, e di aver esultato per una cosa che poi è divenuta per lui fonte di gravissime sofferenze. Qui si consiglia invece l'atteggiamento così bene descritto da Shakespeare:
"I have felt so many quirks of joy and grief
that the first face of neither, on the start,
can woman me unto it."
traduzione:
"Ho già provato tanti salti di gioia e di dolore
che al loro primo manifestarsi non mi abbandonerò subito,
come una donnetta, a nessuno dei due".
In generale chi conserva la calma di fronte a ogni possibile disgrazia mostra di conoscere quanto enormi e innumerevoli siano i mali che minacciano l'esistenza: per cui egli considera quello subito una piccolissima parte di quanto potrebbe accadere: è l'atteggiamento degli stoici, secondo cui non si deve mai essere "conditionis humanae oblitus" (tradotto: "Dimentico della condizione umana"), ma occorre essere sempre memore che l'esistenza umana, in linea di massima, è una ben triste e miseranda sorte, e che i mali a cui è esposta sono infiniti. (di Arthur Schopenhauer - "Aforismi sulla saggezza del vivere")
1.2.3. Opere di Kendric Tonn.
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mercoledì 26 agosto 2015
La notte del non ritorno...
Per questo spesso mi sono sorpreso a pensare - molti anni dopo che mi avevate lasciato - che un giorno, andando avanti, probabilmente le nostre strade si sarebbero divise. Tu avresti continuato a camminare con il tuo passo regolare verso la meta - il rifugio, la vetta, la stella polare che orientava ogni tuo pensiero; io, non vedendo nulla di tutto ciò che vedevi tu, ad un certo punto, avrei iniziato ad annoiarmi. La noia avrebbe generato il desiderio di distrazione, così, davanti ad un bivio, prima o poi, ti avrei detto: "Sono curioso di vedere dove porta questo sentiero, vai pure avanti che ti raggiungo più tardi". Ma dopo il bivio, avrei trovato un viottolo e, dopo il viottolo, un sentiero impervio - tracciato forse da qualche camoscio - e anche quello mi sarebbe sembrato interessante, così sarei andato avanti e ancora avanti e, senza quasi accorgermene, la notte del non ritorno sarebbe rapidamente scesa sui miei passi.
Certo, tu avresti anche potuto tornare indietro, fermarti, spiegare, mostrare in cielo quella stella che io non ero in grado di vedere. Avresti potuto farlo, e sicuramente l'avresti fatto se io avessi avuto le orecchie aperte, gli occhi aperti. L'avresti fatto se io avessi abbassato la guardia, se davanti a te - invece del medico in grado di controllare ogni battito del cuore - avessi avuto il bambino che si sdraiava tra i campi, quel bambino che osservava il cielo e si stupiva, quel bambino che guardando le nubi, si domandava: "L'anima c'è? Cos'è? Da dove viene? Dove va?". (dal romanzo "Per sempre" di Susanna Tamaro)
1. Veduta del "Conero" da Loreto; 2. Scala all'interno del Santuario di Loreto; 3. Loggia sulla Piazza del Santuario di Loreto; 4. Raffigurazione di S. Michele (opera dell'artista Angelo) stl piazzale del Santuario di Loreto.
Certo, tu avresti anche potuto tornare indietro, fermarti, spiegare, mostrare in cielo quella stella che io non ero in grado di vedere. Avresti potuto farlo, e sicuramente l'avresti fatto se io avessi avuto le orecchie aperte, gli occhi aperti. L'avresti fatto se io avessi abbassato la guardia, se davanti a te - invece del medico in grado di controllare ogni battito del cuore - avessi avuto il bambino che si sdraiava tra i campi, quel bambino che osservava il cielo e si stupiva, quel bambino che guardando le nubi, si domandava: "L'anima c'è? Cos'è? Da dove viene? Dove va?". (dal romanzo "Per sempre" di Susanna Tamaro)
1. Veduta del "Conero" da Loreto; 2. Scala all'interno del Santuario di Loreto; 3. Loggia sulla Piazza del Santuario di Loreto; 4. Raffigurazione di S. Michele (opera dell'artista Angelo) stl piazzale del Santuario di Loreto.
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lunedì 24 agosto 2015
Mi spingeva alle soglie dell'arroganza...
Malgrado la tua apparente fragilità, tu eri in possesso di una maturità interiore molto superiore alla mia. Io avevo la certezza delle cose pratiche e quella certezza, a volte, mi spingeva alle soglie dell'arroganza. Tu ti muovevi, invece, con leggerezza ma, in quella leggerezza, non c'era alcun segno di indecisione. Pur sembrando svagata, sapevi perfettamente dove andare. Per ascoltarti davvero avrei dovuto essere umile - un sentimento che allora non conoscevo. (dal romanzo "Per sempre" di Susanna Tamaro)
sabato 15 agosto 2015
Avessi aspettato, per nascere...
Avessi aspettato, per nascere,
che mi fosse stato concesso di esistere,
non sarei ancora sulla Terra,
come potrete comprendere
se osservate il comportamento
di coloro che, per mettersi un pò in mostra,
rifiuterebbero volentieri la mia esistenza.
(da Xenie miti V, vv. 1442-48 di Johann Wolfgang Goethe)
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venerdì 7 agosto 2015
Sognare per non smettere di vedere.
Qualunque
idea ci si faccia di se stessi, ci si figura sempre vedenti. Io credo che
l'essere umano sogni solo per non smettere di vedere. E potrebbe anche darsi
che la luce interiore fuoriesca un giorno da noi così da non averne bisogno
d'altra. (Johann Wolfgang Goethe, dal libro "Le affinità elettive")
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